A seguito della registrazione da parte della Corte dei Conti , in data
4.12.1996, reg. 105, foglio 14, del D.C.P.M. del 21 novembre 1996, con
il quale l' ARAN e' stata autorizzata a sottoscrivere il testo dell' Accordo
successivo, previsto dall'art.1 comma 3, lettera b del CCNL del comparto
"Scuola ", e' stato firmato in data 11 dicembre 1996 il testo
che riguarda il personale in servizio presso le istituzioni scolastiche
e universitarie straniere all'estero.
L'accordo concerne le specificazioni e le modalita' applicative della normativa
di cui al CCNL del comparto scuola; per tutte le disposizioni del contratto,
per le quali le parti non hanno ritenuto necessario delle norme modificative
di adattamento, si sottolinea quanto disposto dall'art. 10, che ribadisce
l'integrale applicabilita' al personale della scuola in servizio all'estero
di tutte le disposizioni del CCNL.
Il negoziato ha impegnato le parti per piu' di un anno e, dopo una prima
intesa raggiunta nello scorso febbraio, che non ha avuto la necessaria
autorizzazione del governo alla sottoscrizione, l'ARAN ha proposto alcune
modifiche al testo precedente, che hanno consentito di trovare l'accordo
e di pervenire alla firma, dopo una lunga ed estenuante trattativa.
E' certo che diverse e rilevanti questioni riguardanti la gestione del
personale in servizio all'estero, sulle quali specifici vincoli normativi
hanno ostacolato per anni il confronto con i Ministeri degli Esteri e della
Pubblica Istruzione, sono state risolte in virtu' della disapplicazione
di norme divenute inapplicabili, poiche' erano in contrasto con le nuove
clausole contrattuali.
Vengono inoltre introdotti elementi fortemente innovativi che dovrebbero
favorire il miglioramento della qualita' dell'offerta Normativa e del servizio
scolastico e che hanno caratterizzato negli anni scorsi specifiche iniziative
legislative di riforma mai approvate dal Parlamento.
L 'accordo interviene sulle NORME DI GARANZIA , per cio' che concerne sia
le vertenze che gli organismi di conciliazione (art.1), riconoscendo la
piena legittimita' della azioni di sciopero, anche se indette per il solo
personale in servizio all'estero; in materia di relazioni sindacali esso
introduce nuove materie rispetto a quelle previste dall'art. 5 comma 4
del CCNL, oltre a consentire, attraverso la contrattazione decentrata nazionale,
di individuare, laddove fosse necessario, una sede negoziale presso la
Rappresentanza Diplomatica o I'Ufficio consolare.
Viene istituito un osservatorio , di cui all'art. 12 del CCNL, presso il
Ministero degli Esteri e, a livello territoriale, presso ciascun Ufficio
consolare.
La durata delle ferie e' determinata per tutto il personale in 48 giorni
lavorativi, a cui vanno aggiunti i 4 gg. per festivita' soppresse, con
la possibilita' di fruizione anche in caso di calendari scolastici diversi.
L'articolo 5 definisce le PROCEDURE DI DESTINAZIONE ALL'ESTERO, che sono
state oggetto di un approfondito dibattito fra le parti, anche in considerazione
della proposta delle 00. SS., che ritenevano tali destinazioni una forma
di mobilita' professionale; al contrario, la tesi sostenuta dal Ministero
degli Esteri, in particolare, intendeva conservare l'attuale meccanismo
di reclutamento, sulla base di una presunta riserva di legge. Al di la'
di questo pur rilevante aspetto del problema, le 00. SS. hanno insistito
sulla necessita' di snellire le procedure in vigore, che non offrono alcuna
garanzia di celerita' sull'invio all'estero del personale selezionato.
L'accordo raggiunto prevede, quindi, che a partire dal 1 settembre 1997
si provvederà a destinare all'estero il personale con rapporto di
lavoro a tempo indeterminato, che abbia superato il periodo di prova ed
abbia prestato almeno tre anni di servizio effettivo, sulla base della
posizione raggiunta in graduatorie permanenti, definite a seguito di una
procedura disciplinata con ordinanza del Ministero degli Esteri.
A tali graduatorie si accede previo accertamento della conoscenza della
lingua straniera mediante sessioni d'esame che prevedono una prova scritta
e un colloquio, tenendo conto delle specificita' del servizio da svolgere
all'estero.
Alle stesse condizioni ha titolo a chiedere l'inclusione nelle graduatorie
il personale che, negli ultimi nove anni scolastici, alla data del 1 settembre
1997, sia inserito nelle graduatorie di un concorso indetto per la destinazione
all'estero.
Sia il suddetto personale, sia quello che si sottopone all'accertamento,
potra' far valere il punteggio conseguito nelle prove di selezione al quale
si aggiungera' il punteggio relativo ai titoli culturali, professionali
e di servizio, che sara' definito sulla base di criteri che saranno fissati
dal Ministero della Pubblica Istruzione e degli Esteri .
I candidati destinati all'estero saranno depennati dalla graduatoria e
potranno essere nuovamente inseriti, se ne avranno titolo, solo dopo un
anno di permanenza in Italia, al termine della permanenza all'estero.
Il personale in servizio all'estero alla data di entrata in vigore dell'accordo
e' collocato a domanda nelle graduatorie, purche' in possesso dei requisiti
suddetti e puo' ottenere una nuova assegnazione solo al compimento del
settennio di servizio all'estero ed entro il limite del 50% dei posti annualmente
vacanti.
La MOBILITA' e' regolata dall'articolo 6 che non introduce sostanziali
modifiche all'attuale meccanismo, salvo che per il personale delle scuole
europee.
In caso di ASSENZA PER MALATTIA la restituzione ai ruoli metropolitani
avverra' dopo sessanta giorni, e non piu' dopo quarantacinque, anche se
l'assegno di sede non e' corrisposto negli ultimi quindici giorni.
L'articolo 10 ribadisce che anche per l'estero sono pienamente validi gli
articoli contrattuali relativi agli obblighi di lavoro, alle attivita'
di insegnamento ed alle attivita' aggiuntive funzionali all'insegnamento;
trova inoltre applicazione l' articolo 25 del CCNL relativo alle ferie,
ai permessi e alle assenze del personale assunto a tempo determinato.
L'articolo 11 elenca le disapplicazioni delle disposizioni di legge e di
regolamento ad integrazione dell'art. 82 del CCNL.
firmato
Angelo Luongo
A scanso di equivoci, che potrebbero sorgere dalla lettura delle riflessioni
che intendiamo fare con questa nota, diciamo subito che noi - da sempre
e non da oggi - siamo convinti assertori della riforma globale del nostro
sistema scolastico, da inserire in un nostro contesto più generale
di riassestamento del sistema formativo allargato, poiché riteniamo
che la formazione è il volano per lo sviluppo civile, sociale ed
economico; è la risposta che dobbiamo dare alle nostre giovani generazioni,
sempre più afflitte da un tasso di disoccupazione in crescita; è
il biglietto da visita che serve al Paese per entrare in Europa. E, pertanto,
non siamo nemmeno sfiorati da tentazioni di tipo corporativo per conservare
un "esistente", che non solo produce inefficacia ed inefficienza,
ma che non è neppure gratificante per la categoria degli operatori
del settore. D'altra parte, la valenza sociale del problema è ulteriormente
dimostrata, se ce ne fosse bisogno, dalla circostanza che la formazione
e l'istruzione rappresentano gli elementi essenziali su cui si fonda il
protocollo di intesa del 24 settembre 1996 tra Governo e parti sociali,
con alla testa le tre confederazioni, CGIL, CISL e UIL, sugli interventi
a favore dell'occupazione giovanile, più noto come patto per il
lavoro.
Il problema è quale obiettivo porsi e come arrivare al suo conseguimento!
Intanto, almeno su tre questioni siamo tutti d'accordo: e cioè che
occorre estendere l'obbligo scolastico ad almeno 10 anni, rispetto agli
8 attuali; occorre riformare la scuola secondaria di secondo grado; occorre
individuare una soluzione che consenta il termine dell'iter scolastico
a 18 anni, al fine di allinearsi agli altri Paesi europei. Non siamo invece
d'accordo su come arrivarci.
E non ha certamente contribuito a fare chiarezza, nel merito, l'iniziativa
del Ministro della pubblica istruzione, Luigi Berlinguer, che a sorpresa
ed a raffica, così come ha dimostrato di prediligere sin dal suo
insediamento sulla poltrona di Viale Trastevere, ha tirato fuori dal suo
cilindro un progetto megagalattico di riforma, a dir poco scioccante, in
cui tutto si trasforma e nulla si salva; nemmeno ciò che recentemente
è stato oggetto di profonde modificazioni, come il segmento della
scuola elementare, per il quale è, tra l'altro, in atto la verifica
prevista dalla legge istitutiva del nuovo modulo organizzativo ed affidata
alla competenza dello stesso Governo.
In effetti, Berlinguer propone l'anticipo dell'obbligo a 5 anni nella scuola
materna, la trasformazione della scuola elementare dagli attuali 5 a 6
anni, divisi in tre bienni, con l'assorbimento dei primi due anni della
scuola media, che verrebbe così liquidata, dal momento che il suo
terzo anno dovrebbe fondersi con il primo biennio della secondaria di secondo
grado, generando due segmenti di tre anni ciascuno: uno inferiore, di orientamento,
ed uno superiore; il tutto con termine degli studi a 18 anni.
Già in altra occasione, invero, abbiamo avuto modo di sottolineare
la rapsodicità degli annunci a sensazione del Ministro Berlinguer,
che sembrano più ispirati da un'ansia di dimostrare la capacità
del Governo di progettare comunque un cambiamento, che dalla ricerca di
condizioni operative ed attuative concrete, salvo il caso di interventi
possibili in un contesto di piccoli aggiustamenti o di adeguamento. Essi
vanno - come è noto - dalla riforma degli esami di maturità
all'anticipo dell'obbligo a cinque anni nella cosiddetta "primina"
(è una sua testuale originaria espressione); dall'autonomia scolastica
- oggi in dirittura di arrivo, nell'ambito della legge Bassanini - alla
riforma dell'Amministrazione centrale della pubblica istruzione, senza
mai accennare alla sorte che pensa di riservare a quella periferica; dalla
riforma dei programmi di storia alla segnalazione dell'assenza di discipline
professionalizzanti nel nostro liceo classico, e così via. Ma non
era affatto ipotizzabile, stanti anche gli orientamenti da lui precedentemente
espressi per l'adozione di una linea che privilegi la politica degli interventi
graduali e per settori, a seconda del grado di sofferenza e delle urgenze,
che, con lo stesso metodo, annunciasse una rivoluzione totale, del tipo
di quella testé descritta e presentata in pompa magna a Palazzo
Chigi, in compagnia del Presidente del Consiglio, Romano Prodi, del Vice
Presidente, Walter Veltroni, e del Ministro del lavoro, Tiziano Treu, a
mò di annuncio al Paese, ed a guisa di quanto è lecito fare
per eventi che hanno tutte le potenzialità di ribaltare in forma
repentina le sorti della nazione da un giorno all'altro.
Per carità! Non intendiamo affatto snobbare il progetto Berlinguer,
che tanto ha fatto discutere e tanto fa e farà ancora discutere.
Solo ci preme sottolineare che abbiamo qualcosa da osservare sul piano
metodologico ed anche sui contenuti.
Quanto al primo aspetto - ricordato che da trentaquattro anni il Paese
attende la riforma della scuola secondaria superiore, ancora modellata
sullo schema gentiliano degli anni venti, e che sinora sono falliti tutti
i tentativi fatti in Parlamento, sia perchè è mancato il
consenso anche all'interno delle stesse maggioranze di Governo, sia per
fine anticipate delle diverse legislature - appare del tutto avventuroso
pensare che basti la sola presentazione attraverso una conferenza stampa
e le successive asfissianti illustrazioni in televisione per far passare
il progetto in parola.
La questione scuola e la sua 'emergenza continua' meritano una platea più
ampia di consenso, poichè la scuola appartiene al Paese e non può
appartenere - come è ampiamente dimostrato dall'esperienza sin qui
vissuta - ad alcuna maggioranza di Governo, quale che sia. Qualsiasi proposta
di riforma va, quindi, elaborata e discussa con il contributo di tutte
le istanze politiche, sociali e culturali presenti nella nostra realtà;
mentre ogni diverso convincimento appare del tutto azzardato. Al riguardo,
va ricordata l'esperienza traumatizzante della conferenza sulla scuola
del 1990 (auspice il Ministro in carica, Sergio Mattarella), che non ha
prodotto alcun intervento, tranne l'approvazione della legge di riforma
della scuola elementare, che era all'epoca già predisposta ed all'esame
del Parlamento. Conferenza che ha certamente dignità politico-istituzionale
più elevata e che, ciononostante, non ha consentito quel salto di
qualità della politica scolastica.
Allora, se non si voleva presentare un disegno di legge organico, a nostro
parere, era più opportuno che il Governo avesse approvato un documento
di fissazione delle linee generali, quale può essere anche quello
predisposto dal Ministro Berlinguer, e prima di presentarlo al Paese lo
avesse presentato al Parlamento, per l'esame e la discussione in seduta
congiunta delle due assemblee, dopo di che, una volta ottenuto l'avallo,
si poteva procedere alla definizione del testo legislativo di riforma,
in cui indicare le finalità ed i contenuti di carattere generale,
nonchè i termini temporali di attuazione e le risorse da investire.
E non sarebbe stato male che il tutto fosse stato frutto di un coinvolgimento
dei veri protagonisti del cambiamento, ossia degli oltre un milione di
professionisti che operano nella scuola, la cui esperienza è senz'altro
più indicativa di quella di coloro i quali, estranei al sistema,
hanno potuto magari essere coinvolti nell'operazione, ancorchè all'apice
dei livelli culturali, scientifici e artistici. Così come, siamo
convinti, che senza condivisione dei destinatari e degli esecutori diretti
del processo innovatore, nessuna riforma ha prospettive di successo agevole
ed indiscusso.
Sul secondo aspetto, quello dei contenuti, ci sembra di poter dire, senza
tema di smentita, che non necessariamente occorre realizzare in fotocopia
l'assetto dei sistemi scolastici degli altri Paesi europei e che, invece,
occorre considerare le condizioni oggettive della nostra società,
delle sue connotazioni, dei bisogni formativi connessi con lo sviluppo
civile ed economico a cui si vuole pervenire, nonchè di tanti altri
fattori, che vanno dall'utilizzo più razionale possibile dell'esistente,
tenuto anche conto delle scarse risorse disponibili e di quel capitale
umano rappresentato da circa un milione di addetti ai lavori, che non è
certamente di livello più scadente rispetto a quello degli altri
Paesi ed ha garantito, per contro, sinora la nostra competitività
sui mercati internazionali della formazione, nonostante la pochezza delle
politiche scolastiche e formative apprestate dai diversi Governi che si
sono succeduti nel tempo.
A noi sembra, pertanto, meno sconvolgente - ad esempio - la nostra ipotesi
di collocazione dell'inizio dell'obbligo a cinque anni nell'ultimo anno
del ciclo della scuola per l'infanzia, con il mantenimento dell'attuale
assetto della scuola elementare e con il riassestamento della scuola secondaria,
tale che preveda un segmento di scuola inferiore della durata di 4 anni,
in cui si completi l'obbligo scolastico, ed un segmento di scuola superiore
della durata di di 3 anni, con termine del percorso scolastico dei giovani
ugualmente a 18 anni.
Naturalmente, la nostra ipotesi parte dal presupposto che contestualmente
si provveda a dare flessibilità agli ordinamenti; alla ridefinizione
dei curricoli e dei programmi dei diversi cicli di istruzione; nonchè
all'istituzione dei corsi di studio post-secondari, di durata non inferiore
ai tre anni, in cui collocare, anche attraverso una concreta intgrazione
con il sistema della formazione professionale istituzionalmente afferente
alle regioni, l'acquisizione di abilità, competenze e specializzazioni
professionali. Ciò, soprattutto in considerazione del fatto che,
a nostro avviso, la scuola secondaria superiore non può essere professionalizzante
(ed è questo uno dei punti divergenti dalla proposta Berlinguer),
ma deve dare ai giovani una preparazione di base più solida ed attualizzata,
anche attraverso lo studio di nuove discipline formative, ed offrire loro
opportunità di orientamento, affinchè siano in grado di acquisire
le specifiche qualificazioni professionali in un successivo percorso formativo,
che non escluda un'alternanza scuola-lavoro.
Rimane sullo sfondo, ma non ultima in importanza, la questione della formazione
iniziale ed in servizio dei docenti, dei dirigenti e di tutti gli altri
operatori scolastici, che è la parte più corposa degli interventi
da inserire nel progetto e da finanziare con nuovi e straordinari investimenti;
operazione questa che deve vedere contemporaneamente la definizione degli
inquadramenti funzionali, giuridici ed economici del personale attualmente
in servizio.
Non abbiamo la pretesa di considerare il nostro progetto il più
valido e l'unico possibile, ma, come sempre, intendiamo essere interlocutori
, e siamo disponibili a partecipare al confronto ed al dibattito, pronti
a modificare i nostri orientamenti, ove fossimo convinti della maggiore
efficacia delle controproposte.
Vogliamo, infine, ricordare che dobbiamo realizzare un sistema formativo
flessibile, moderno e che serva a farci competere in Europa per il terzo
millennio, salvaguardando, in ogni caso, l'affermazione dei principi di
libertà, di democrazia e di progresso. Sarebbe estremamente condannevole
dare attuazione ad una riforma di ispirazione progressista, su modelli
superati, per il semplice fatto che fino ad oggi non si erano realizzate
le condizioni politiche per farli passare!
firmato
Osvaldo Pagliuca